Al via le terapie sperimentali contro Ebola
(articolo precedente sull'argomento Ebola ---> QUI)
Su come affrontare l'epidemia di Ebola prima che il virus diffonda in modo incontrollato, le idee sono tante e spesso confuse.
(articolo precedente sull'argomento Ebola ---> QUI)
Su come affrontare l'epidemia di Ebola prima che il virus diffonda in modo incontrollato, le idee sono tante e spesso confuse.
Come scritto in precedenza Ebola è un virus endemico in alcune aree dell'Africa ma che non ha mai rappresentato un problema reale per le popolazioni locali, figuriamoci per quelle lontane. Il motivo è che il passaggio in uomo o in altri primati è assolutamente saltuario e si auto-estingue in poco tempo data la velocità e la letalità dell'infezione. Il che è un bene (tranne ovviamente per lo sfortunato di turno) dato che impedisce il diffondersi della malattia.
Personale sanitario che avvia alla distruzione gli indumenti contaminati (®Nature) |
Una limitazione naturale che è stata superata grazie alla crescente urbanizzazione e alla velocità consentita dal trasporto aereo. Se a questo si aggiunge una catena di controllo non in grado di fare da filtro negli aeroporti di partenza, allora ecco che ci troviamo con una serie di allarmi di persone atterrate in Europa e messe in isolamento. I due casi più recenti sono quelli di Istanbul e di Ancona, casi che fortunatamente si sono rivelati dei falsi allarmi. O meglio falsi per Ebola dato che i soggetti sbarcati avevano contratto altre malattie (nel caso della donna nigeriana di Ancona si tratta di malaria).
Un pericolo scampato dato che la eventuale positività del soggetto avrebbe imposto il monitoraggio anche degli altri passeggeri (un centinaio di persone) come minimo. Ma questo solo nel caso "migliore", cioè quello di un soggetto sintomatico durante il transito nell'area arrivi. Se i sintomi dovessero comparire quando già si trova a casa, è chiaro che il numero di persone da monitorare aumenta esponenzialmente (infatti la stessa cosa vale per gli altri passeggeri).
Di fronte a scenari simili l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS/WHO) ha cominciato a formulare piani di intervento e di contenimento, aprendo anche la strada a trattamenti sperimentali su corsie preferenziali. Trattamenti che come ho descritto in un precedente articolo necessitano di iter sperimentali lunghi.
Perché lo sviluppo di terapie contro malattie infettive acute non segue la logica hollywoodiana vista in film tipo "Virus Letale" dove "basta aspettare la prima guarigione spontanea per usare il siero del sopravvissuto come vaccino naturale". Anche perché il vaccino così ottenuto (in quantità limitate) non fornisce una immunità sul medio periodo dato che non è in grado di stimolare la formazione di linfociti B o T di memoria. Va bene per un trattamento di emergenza ma non per prevenire nuove infezioni dopo qualche settimana dal trattamento.
Diversi sono i trattamenti testati in laboratorio, nessuno dei quali ovviamente è mai stato testato sull'uomo. In condizioni normali nessuno di essi potrebbe essere usato data la assenza del profilo di efficacia e rischio associato; ma in casi estremi anche i rimedi lo sono e quindi l'OMS ha autorizzato il trattamento (l'alternativa è nessun trattamento!) purché i dati ottenuti fossero condivisi in continuo e usati per una analisi in tempo reale.
Il 5 settembre scorso al termine di una riunione di due giorni si è anche cominciato a fare piani di intervento più concreti. L'OMS stima che circa 3.700 persone sono state infettate in Africa occidentale nelle ultime settimane, 1.850 delle quali sono morte. Se dovesse arrivare nelle grandi città africane le precarie strutture esistenti verosimilmente collasserebbero provocando un aumento esponenziale dei casi.
Casi registrati di Ebola (http://healthmap.org/ebola/) |
Tra i rimedi proposti vi è appunto quello di utilizzare il siero prelevato dai sopravvissuti; un modo questo per usare gli anticorpi "vincitori" della battaglia con il virus, come se fossero dei veterani super-addestrati da inviare sul campo di battaglia rappresentato dall'infezione ancora in atto in altri soggetti.
Una idea rilanciata da Marie-Paule Kieny, assistente direttore generale per i sistemi sanitari e l'innovazione, che ha detto che la trasfusione di sangue intero o siero purificato da sopravvissuti Ebola è il trattamento più facilmente implementabile su larga scala rispetto a testare e a produrre farmaci a sufficienza (sempre che funzionino ovviamente).
Il vero problema è che al momento non ci sono indicazioni comprovate sull'efficacia di questo trattamento. Nel senso che teoricamente funziona ma in pratica?
Il siero anti-vipera o l'anti-rabica funzionano sullo stesso principio e sono utili ma potenzialmente molto pericolosi a causa di eventuali reazioni di rigetto (si tratta di anticorpi di origine animale). Vengono quindi usati solo in caso animale di rischio infettivo molto alto (morso da animale malato o non rintracciabile nel caso della rabbia) o di aggravamento delle condizioni del soggetto morsicato (nel caso del morso di vipera).
Utilizzare il siero prelevato da soggetti guariti da Ebola espone ad un altro rischio. Il più ovvio è quello di curare da una parte (sempre che funzioni) e di infettare il ricevente dall'altra con una delle tante malattie endemiche di quelle aree zona (HIV e epatite solo per nominarne due). Se infatti isolare il siero e trasfonderlo in un malato è cosa fattibile anche in zone con presidi sanitari limitati, fare test diagnostici ad ampio del sangue spettro è qualcosa di complicato.
I punti interrogativi sono quindi molti.
Sempre nel corso della riunione gli esperti hanno indicato come priorità l'ottenere i dati di efficacia sul campo da due vaccini:
- uno ottenuto da scimpanzé e basato su un vettore adenovirale (ChAd3 - prodotto dall'National Institute of Allergy and Infectious Diseases-NIAID e dalla GlaxoSmithKline);
- il secondo derivato dal comune virus della stomatite vescicolare (rVSV), opportunamente modificato, sviluppato dalla Agenzia di sanità pubblica del Canada.
Entrambi i vaccini funzionano molto bene in scimmia e forniscono una protezione del 100% contro Ebola. Ricordo che a differenza dell'HIV, Ebola è egualmente letale in scimmia; un dato non sorprendente dato che questo virus non ha le scimmie come serbatoio naturale.
La grossa incognita ovviamente è se i vaccini funzioneranno altrettanto bene in uomo; i test di fase-I su volontari sani sono previsti per questo mese e saranno condotti sia negli USA che nelle zone africane colpite.
Due le domande chiave: è sicuro? E' in grado di attivare la risposta immunitaria anche in essere umano?
Non troppo diversa la situazione tra i farmaci (vedi figura riassuntiva). I trattamenti più promettenti sono già in corsia preferenziale per i test. Tra questi lo ZMapp, un cocktail di anticorpi monoclonali sviluppati da Mapp Biopharmaceutical (San Diego-California), per il quale sono da poco disponibili dati che indicano una protezione al 100% nei macachi.
Vale la pena spendere due parole su come è stata indotta la risposta immunitaria necessaria per la produzione di questi anticorpi. I topi sono infettati con il virus della stomatite vescicolare (VSV), ingegnerizzato per esprimere una delle proteina esposte di Ebola al posto di una delle glicoproteine del VSV. Non si trattava quindi di un virus nemmeno minimamente pericoloso né all'origine né dopo la modifica. La risposta immunitaria contro l'intruso ha generato un certo numero di anticorpi, alcuni dei quali specifici per la proteina di Ebola. Gli anticorpi purificati sono stati usati come ingredienti base per produrre lo Zmapp. Una delle grosse limitazioni del farmaco è che il bersaglio è una proteina la cui sequenza varia, più o meno considerevolmente, nei vari serotipi di Ebola. Nel dettaglio il grado di conservazione tra il ceppo responsabile della crisi attuale e gli altri noti è pari al 65% (Bundibugyo v.), 64% (Tai Forest D’Ivoire v.), 54% (Sudan v.) e 57% (Reston v.). Il farmaco nell'attuale formulazione è verosimilmente poco o nulla efficace sugli altri ceppi di Ebola. Vedi QUI per altri dettagli sulla famiglia Ebola.
Per il farmaco BCX4430 vedere qui |
Il finanziamento messo in campo dagli USA è di 42 milioni dollari per i test e lo sviluppo su larga scala.
Secondo i dati dell'OMS sono necessari 490 milioni dollari per sostenere misure di sanità pubblica di base e la qualità delle cure nei centri di prima linea per il trattamento di Ebola.
Una domanda sorge spontanea. Come mai i ricchi paesi del Golfo, ma anche la Cina e la Russia (tutte con enormi eccessi di cassa e sempre più protese ad occupare lo scacchiere geopolitic) non forniscono supporti economici e scientifici e lasciano come al solito il fardello sulle spalle americane?
(16/9/2014). La Cina ha inviato un centinaio di medici nella regione per studiare il fenomeno. Una buona notizia. Mancano all'appello i paesi del Golfo, ma questo non stupisce.
*** Aggiornamento 01/2016 ***
Il primo studio clinico volto a testare l'efficacia delle trasfusioni di plasma "immunizzato" come protezione dall'infezione (e dalle complicanze) del virus Ebola, è fallito. Nessun miglioramento nelle statistiche di sopravvivenza. Val la pena precisare che si tratta di uno studio preliminare e che non esclude in toto l'efficacia terapeutica previa modificazione del protocollo; tuttavia non lascia ben sperare (Nature 10.1038/nature.2016.19124).
(articolo successivo sul tema Ebola ----> QUI)
Fonti
- Blood transfusion named as priority treatment for Ebola
Declan Butler, Nature/news 05 September 2014
- Mapping the zoonotic niche of Ebola virus disease in Africa
eLIFE ( 2014) ;10.7554/eLife.04395 (pdf)
- Risk of Ebola emergence mapped
Oxford University, News (8 settembre 2014)
Nessun commento:
Posta un commento