Le droghe psichedeliche come l'MDMA e la psilocibina, il composto allucinogeno presente nei funghi magici, sono da qualche tempo sotto i riflettori per il loro potenziale terapeutico in psichiatria.
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Ora, un piccolo studio condotto su veterani affetti da stress post-traumatico (PTSD) suggerisce che un potente, ma poco studiato, farmaco psichedelico chiamato ibogaina potrebbe trovare impiego per i danni conseguenti a traumi cerebrali (TBI). In estrema sintesi i veterani che si sono sottoposti in autonomia al trattamento hanno mostrato una riduzione dei sintomi di oltre l’80%.
L'articolo, pubblicato su Nature Medicine, ha tuttavia dei forti limiti dovuti sia alle procedure osservazionali che al limitato numero di soggetti coinvolti, oltre alla mancanza di un gruppo di controllo.
L'ibogaina è ricavata dalla corteccia di un arbusto (Tabernanthe iboga) originario dell'Africa centrale, dove viene utilizzato per scopi rituali. Del meccanismo di azione della molecola si sa poco essendo sottoposta a forte controllo in molti paesi e come tale un problema per i ricercatori; a questo si aggiunge il rischio legato a a irregolarità fatali del battito cardiaco. Ad oggi è principalmente usata nella terapia della dipendenza e astinenza da oppioidi.
La mancanza di terapie universali per i pazienti affetti da PTSD ha riportato l'interesse per l’ibogaina.
Uno dei ricercatori coinvolti nello studio aveva sentito parlare di veterani che cercavano l'ibogaina per attenuare i sintomi del trauma cranico (di tipo cognitivo e fisico) seguendone alcuni per monitorare gli effetti da loro sperimentati dopo l'assunzione della droga in una struttura in Messico, dove l'uso del farmaco non era soggetto a restrizioni. Importante sottolineare che i ricercatori non hanno avuto alcun ruolo nella somministrazione del farmaco ma hanno solo registrato i resoconti dei fruitori. A scopo precauzionale i partecipanti hanno ricevuto un integratore di magnesio insieme alla sostanza psichedelica per minimizzare il rischio di effetti collaterali cardiaci.
Un mese dopo il trattamento, i partecipanti mostravano una riduzione media dell’88% dei sintomi di disturbo da stress post-traumatico, dell’87% dei sintomi della depressione e dell’81% dei sintomi dell’ansia. In media, i partecipanti presentavano una disabilità da lieve a moderata prima del trattamento, che scompariva nel mese successivo, come valutato da un sondaggio sulle loro capacità cognitive, mobilità e altre funzioni.
Nessuno dei partecipanti ha manifestato effetti collaterali cardiaci. Lo studio rientra nella tipologia “prova del concetto” sul potenziale del farmaco. Il passo successivo sarà studiare se il farmaco può conferire un beneficio a lungo termine e utilizzare neuroimaging e biomarcatori per valutare come funziona il farmaco.
Gli unici dati in tal senso oggi disponibili vengono da studi sui topi in cui si è dimostrato che l'ibogaina potrebbe riaprire temporaneamente un "periodo critico" (nome dato alle finestre temporali normalmente osservate durante lo sviluppo iniziale in cui il sistema nervoso è particolarmente malleabile). La ibogaina mantiene il periodo critico per almeno quattro settimane, rispetto alle due settimane osservate con una droga simile, psilocibina, ottenuta da funghi allucinogeni.
Dato lo stadio più che preliminare dello studio è verosimile che MDMA e psilocibina, in fase avanzata di sperimentazione, siano candidati migliori nel breve termine mentre l'ibogaina richiederà anni di studio per determinarne l'efficacia e la sicurezza.
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Fonte
- Magnesium–ibogaine therapy in veterans with traumatic brain injuries
Kirsten N. Cherian et al, (2024) Nature Medicine
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