La schizofrenia è un importante disturbo psichiatrico che si manifesta all'inizio dell'età adulta e interessa una persona ogni 300. I sintomi comprendono deliri, allucinazioni, ritiro sociale e un progressivo deterioramento della capacità di prendere decisioni, di provare piacere, mantenere o stabilire affetti.
Le cause esatte della schizofrenia sono piuttosto incerte in quanto hanno una componente genetica ma anche fattori ambientali diversi tra loro, che vanno da traumi infantili o al momento del parto fino a infezioni virali e l'uso (non necessariamente abuso) di sostanze psicoattive ((cannabis, cocaina, LSD, anfetamine).
Non è invero chiaro se sia l'uso di droghe a causare i sintomi nelle persone a rischio o se siano le persone suscettibili alla schizofrenia più a rischio di far uso di droghe.
Alcune persone con predisposizione alla malattia possono manifestare l'evento psicotico anche in seguito ad un singolo episodio emotivamente intenso o se sottoposti a stress quotidiani sopportati senza problemi da individui "normali". Stessa variabilità si manifesta tra individui predisposti, per cui solo alcuni di loro manifesteranno i sintomi.
Fattori terzi
Tra le cause terze (oltre a quelle citate in apertura) non molto comprese, diversi studi hanno evidenziato come le persone affette da schizofrenia avessero una maggiore incidenza di complicazioni prima o subito dopo la nascita come peso inferiore alla norma, parto prematuro, eventi di asfissia durante il parto, ... a suggerire il loro coinvolgimento nella genesi di (sottili) alterazioni cerebrali.
Genetica
La schizofrenia tende ad avere caratteristiche di familiarità sebbene, ad oggi, non sia stato possibile identificare un singolo gene (o gruppo ristretto di geni) responsabile.
Studi su persone affette da schizofrenia hanno evidenziato la presenza di sottili differenze strutturali rispetto ai normali. Questi cambiamenti non sono in verità presenti in tutti i malati e possono anche essere presenti in persone asintomatiche.
Si ritiene che le persone affette da schizofrenia abbiano anomalie nel livello di alcuni neurotrasmettitori cerebrali. A riprova della loro centralità l'azione lenitiva dei sintomi (o del loro esordio) fornita da farmaci che riducono i livelli di neurotrasmettitori, come la dopamina.
Per approfondimenti vi rimando all'articolo "Polymorphisms in Dopaminergic Genes in Schizophrenia and Their Implications in Motor Deficits and Antipsychotic Treatment"
Tra i geni coinvolti C4 è considerato tra i più importanti fattori di rischio.
L'evidenza di una componente genetica e familiare viene da studi osservazionali sui gemelli. Nel caso di gemelli omozigoti se uno dei due è affetto, l'altro ha il 50% di possibilità di sviluppare i sintomi anche nel caso in cui siano cresciuti in ambienti diversi. Al contrario nei gemelli non identici la possibilità che l'altro fratello sviluppi la malattia è di 1 su 8, valore in ogni caso maggiore rispetto alla frequenza nella popolazione generale dove la probabilità è di 1 su 100: la componente genetica è importante ma non è l'unico fattore in gioco.
Probabile invece che sia la combinazione di più varianti in diversi geni a rendere le persone a rischio. A rischio non vuol dire (come invece nel caso di mutazioni nei geni BRCA) la certezza di malattia proprio perché esistono dei "trigger" (inneschi) ancora poco compresi.
Nel 2014 lo Schizophrenia Working Group pubblicò i risultati di uno studio di tipo GWAS (associazione genome-wide) basato sull'analisi di 37 mila pazienti e 113 mila controlli, con l'identificazione di 108 loci genici in cui sussisteva una associazione statisticamente significativa con la presenza della malattia.
Si trattava però di associazioni riferite ad un numero di pazienti abbastanza basso (il 4% del totale) ad indicare la complessità sottostante del fenomeno (in quanto sia a varianti geniche ignote che ad eventi ambientali), fatto questo che minava anche le potenzialità diagnostiche. Dati in ogni caso nettamente migliori rispetto a quelli ottenuti dallo studio di altre patologie neuro-psicologiche (ad esempio il disturbo depressivo maggiore su cui una mega-analisi del 2013 fallì nell'identificare varianti geniche associate al rischio malattia.
A complicare il quadro il coinvolgimento di questi stessi geni in altre patologie neurologiche, come l'ADHD e l'autismo, e la presenza delle stesse varianti anche nel gruppo di controllo.
Ad esempio una delle varianti geniche identificate (pur se con statistica affidabile) era presente nell'86,4% dei pazienti e nell'85% del gruppo di controllo.
Ciò significa che tutti noi portiamo varianti di rischio di schizofrenia anche se non siamo a rischio malattia sia perché devono (verosimilmente esserci nello stesso individuo molteplici varianti di n geni che l'esposizione ad eventi induttori.
Ed eccoci infine arrivare allo studio pubblicato pochi giorni fa da un gruppo di Harvard sulla rivista Cell Genomic, in cui si riporta l'identificazione di un paio di variazioni genetiche sono associabili al rischio malattia in individui senza familiarità per la malattia.
La particolarità della scoperta è che si tratta di mutazioni somatiche (non trasmesse per via germinale e apparse durante le prime fasi dell'embriogenesi) identificate dall’analisi genetica su campioni di sangue (13 mila adulti affetti da schizofrenia e 12 mila controlli).
Anche in questo caso un (basso) numero di pazienti (ma nessun controllo) si è rivelato essere portatore di mutazioni nelle cellule ematiche. I geni coinvolti ABCB11 e NRXN1.
Nota. La non origine germinale della mutazione si evince dalla assenza della stessa in altre cellule, correlate o meno, dello stesso individuo. In questo particolare caso le mutazioni di NRXN1 sono state trovate in una percentuale di cellule ematiche compresa tra il 14 e il 43%. Tale valore indica che la mutazione deve essere avvenuta nei primi giorni di sviluppo dell'embrione quando si stavano formando i precursori (staminali) che avrebbero poi, oltre ovviamente alle cellule coinvolte nel cablaggio neurale, il sistema emopoietico,
Il gene NRXN1 codifica per una proteina che regola il numero e la densità di connessioni tra neuroni ed è quindi importante per l'apprendimento (ecco perché altre cellule, come quelle ematiche, pur essendo portatrici della mutazione non mostrano alterazioni funzionali). La mutazione identificata è funzionalmente distruttiva.
A carico del gene ABCB11 sono state trovate mutazioni nel 18-27% delle cellule del sangue di sei partecipanti con schizofrenia, che avevano la peculiarità di appartenere ad un sottogruppo di pazienti non responsivi al trattamento con il farmaco clozapina.
Il gene ABCB11 codifica per una proteina che facilita il trasferimento di sali digestivi al fegato. La proteina è però prodotta anche nei neuroni che producono dopamina, che sono uno dei bersagli principali dei farmaci contro la schizofrenia. La mutazione (distruttiva) in questo gene potrebbe, in un modo ancora poco compreso, rendere queste cellule insensibili al trattamento. Un dato, se confermato, che potrebbe aprire la strada per farmaci alternativi per soggetti noti per essere portatori di questa mutazione.
Data la complessità della malattia ogni finestra informativa che si apre, rappresenta una possibilità di intervento aggiuntivo e molto più mirato.
Fonti
- Schizophrenia-associated somatic copy-number variants from 12,834 cases reveal recurrent NRXN1 and ABCB11 disruptions.
Eduardo A. Maury et al. (2023) Cell Genomics
- Specific genes involved in schizophrenia identified for the first time
UCL / news (2022)
- Schizophrenia’s strongest known genetic risk deconstructed
NIH /news (2016)
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