Il titolo scelto, oltre che per l'oggettività della condizione, si adatta anche alla situazione odierna in cui passato il periodo delle ICU saturate e del lockdown totale, si alzano le voci di chi (avendo rifiutato il vaccino e restio anche a tamponi di verifica) si oppone al Green Pass.
Fatta la premessa torniamo ad una delle osservazioni fatte sul campo in questi mesi circa alcuni sintomi neurologici nei pazienti con covid19 su cui rimane ancora oggi incerta l'eziopatogenesi. Un articolo sul tema è apparso in luglio su Nature.
Image credit: theconversation.com |
Punto di partenza la presenza di sintomi neurologici nell'80% delle persone ospedalizzate per covid-19, quindi si parla di pazienti con sintomatologia più grave.
Comprendere il nesso causale virus-cervello in questi soggetti non è semplice perché i dati finora disponibili non hanno mai evidenziato la capacità del Sars-CoV-2 di infettare i neuroni, sebbene ci siano report sulla capacità della porzione S1 della proteina Spike di penetrare la barriera ematoencefalica (BEE) e del virus di penetrare nel cervello.
Nota. La distinzione tra le due precedenti affermazioni è importante perché la subunità S1 (additata da alcuni, con scarsa conoscenza dei meccanismi virali, di essere la prova che i vaccini basati su Spike sono pericolosi) si forma unicamente dopo l'interazione tra il recettore ACE2 e la Spike, che attiva una protesi e con conseguente taglio proteolico della Spike, il cui "pezzo", oramai inutile, è la S1. La proteina Spike decontestualizzata dalla particella virale non è in grado di attivare la proteasi.
Oltre alla via ematica, nell'ultimo anno ha preso sempre più corpo l'idea che il virus potrebbe raggiungere il cervello in modo molto più "semplice" passando dalla mucosa olfattiva che fornisce una "autostrada senza barriere" (tipo la BEE).
Nota. L'apparente contraddizione tra la frase in apertura in cui dico che non ci sono evidenze di infezione dei neuroni e il passaggio del virus attraverso il bulbo olfattivo, è basata sui dati sperimentali. L'unica evidenza della capacità del virus di infettare i neuroni è riferita a test su colture cellulari 3D note come organoidi (fatti da molti tipi di cellule cerebrali diverse), dati non confermati usando come materiale di partenza le cellule precursori dei neuroni (NPC). A completare il quadro un bel lavoro pubblicato l'anno scorso ha dimostrato che le cellule infettate nel tessuto olfattivo non sono quelle sensoriali neuronali ma quelle di supporto. Il dato spiega per quale motivo non sono state osservati casi (per quanto rari) di encefaliti virali dovute al Sars-CoV-2 come invece visto con altri virus capaci di arrivare al cervello dalla mucosa nasale (ad esempio HSV1). Per approfondimenti vi rimando alle review di Tom Solomon e di Yoshitaka Kase.
A conferma del coinvolgimento di questa area, l'anosmia dichiarata (a volte come unico sintomo) dal 70% delle persone risultate positive al virus. Un deficit temporaneo, ma che nel 20% dei colpiti permane ad un anno di distanza dalla guarigione, non causato dall'infezione dei neuroni dell'epitelio e del bulbo olfattivo ma a carico delle cellule di supporto (strutturali ed endoteliali) che causano infiammazione locale e malfunzionamenti sensoriali.
Data per assodata (anche) la via olfattiva che permette al virus di arrivare al cervello, rimangono dubbi sul meccanismo alla base dei disturbi della memoria dato che il coronavirus non sembra essere in grado di infettare i neuroni. La spiegazione potrebbe essere molto simile a quella alla base dell'anosmia; a proporlo uno studio di poche settimane fa in cui si sono confrontate sezioni di cervello prelevati da persone decedute per covid19 e controlli. Sebbene non si sia trovata traccia del virus nelle sezione di cervello analizzate, i ricercatori hanno rilevato un'alterata espressione genica a carico degli astrociti, cellule non neuronali con un ruolo chiave per l'omeostasi locale e per il corretto funzionamento neuronale. Anomalie funzionali in queste cellule potrebbero facilmente spiegare i vari sintomi che comprendono fatica, depressione, annebbiamento mentale, stato confusionale e amnesie.
Astrociti (Image Credit: David Robertson, ICR/SPL via Nature) |
Questi effetti potrebbero essere solo una conseguenza indiretta della presenza del virus, mediata da un diminuito flusso ematico al cervello causato dall'infezione dei periciti, cellule che delimitano i capillari; l'infezione dei periciti è stata osservata in coltura su strutture cellulari complesse come i prima citati organoidi.
Al danno funzionale potrebbe poi aggiungersi quello da "fuoco amico", cioè la reazione eccessiva del sistema immunitario contro cellule infettate (fenomeno ben noto in questa e altre patologie). A conferma dell'ipotesi i dati di un articolo dello scorso dicembre in cui l'analisi del liquido cerebrospinale di pazienti in condizioni gravi mostrava la presenza di autoanticorpi contro i neuroni
Probabile che tutte e tre i fenomeni ora descritti (malfunzionamento astrociti, infezione periciti, autoanticorpi) siano coinvolti, e forse altre ancora ignote, in misura variabile nei diversi pazienti
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Identificare le cause esatte in ciascun caso sarà fondamentale per approntare terapie adeguate specialmente in vista delle conseguenze su lungo termine dell'infezione nota come Long Covid.
Aggiornamento. A dicembre 2022 è stato pubblicato uno studio in cui si spiega la perdita di olfatto nelle persone infettate dal virus (un problema che a volte dura ben oltre la fase acuta, divenendo cronico sebbene i pazienti siano guariti. La cause appare essere una reazione autoimmune contro le cellule nervose deputate al trasporto del segnale olfattivo.
Fonti
- Tropism of SARS-CoV-2 for Developing Human Cortical Astrocytes
Madeline G. Andrews et al, bioRxiv, (2021)
- COVID and the brain: researchers zero in on how damage occurs
Nature, luglio 2021
- How SARS-CoV-2 infects the brain
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