No, l'articolo che avete appena iniziato a scorrere non riguarda né il musical Hairspray (da noi inopinatamente titolato "Grasso è bello") né l'avversione ai regimi alimentari fondati sul digiuno (e che fanno vendere molti libri ...).
Passo indietro.
Le cellule nelle primissime fasi dello sviluppo embrionale hanno la capacità di dare origine a tutte (totipotenti) o molte (pluripotenti) le tipologie di cellule presenti nei tessuti. Tale capacità viene persa con il passare delle divisioni cellulari fino a che, con la raggiunta maturità (leggasi differenziamento terminale) la gran parte di esse perde la capacità di dividersi entrando in uno stato definito post-mitotico. Molti tessuti conservano una riserva di cellule (dette staminali) che servono per rimpinguare le cellule mature (quindi differenziate) perse per usura o danno; questa riattivazione "condizionata" è un processo fondamentale ad esempio nella cicatrizzazione quando è necessario "riempire" e "rimodellare" le aree lesionate. Non tutti i tessuti hanno tali cellule di riserva e a volte se presenti hanno una funzione limitata: vedi da una parte la incredibile capacità del fegato di rigenerarsi partendo da un lobo a cui fa contraltare la sostanziale non rigenerazione dei tessuti cardiaci (l'esistenza delle staminali cardiache è oggi negata da gran parte dei ricercatori) e quella cerebrale (nonostante siano state identificate staminali neuronali nel SVZ e nel bulbo olfattivo).
Come facile immaginare la riattivazione delle staminali tissutali è un processo altamente regolato. Quando il sistema di controllo viene meno, le cellule proliferano dove non dovrebbero dando luogo ad alterazioni di varia natura (vedi displasia, iperplasia e neoplasia).
L'ultimo ventennio ha visto molti gruppi di ricerca concentrare gli sforzi nel cercare di resettare cellule parzialmente differenziate per renderle capaci (all'occorrenza) di trasformarsi in altro. Il motivo? Avere a disposizione per ciascun individuo un serbatoio di cellule da usarsi qualora fosse necessario rigenerare tessuti danneggiati. Un approccio terapeutico con un triplo vantaggio potenziale: elimina il problema del rigetto immunitario (le cellule sostitute vengono dallo stesso individuo); permette di "riparare" anche tessuti privi o poveri di cellule staminali tissutali; evita di dovere fare ricorso alle staminali embrionali.
I risultati sono stati positivi (sebbene ci sia ancora molto lavoro da fare) con prove sul campo della possibilità di utilizzare cellule prelevate dalla cute di un adulto per ricreare neuroni o cellule del sangue.
Potete immaginare il processo dedifferenziativo come una prima fase in cui la cellula (ad esempio) epiteliale perde le proprie caratteristiche morfo-funzionali acquisite con lo sviluppo e "torna indietro nel tempo" fino a trovarsi in uno stato in cui diventa nuovamente responsiva a "stimoli" capaci di guidarla verso altri percorsi di sviluppo (ad esempio un neurone).
In modo non del molto diverso, durante la trasformazione tumorale la cellula "colpita" (e la sua progenie) si incanala attraverso una serie di fasi caratterizzate prima dalla perdita della morfologia cellulare che si ripercuote in una disfunzione tissutale; le cellule sono sia in eccesso che vanno ad occupare una posizione anomala che porta all'invasione di tessuti adiacenti (passano dall'epitelio al tessuto connettivo) entrando così in contatto con i vasi sanguigni. Una volta penetrate nel flusso sanguigno, inizia la selezione metastatica cioè la selezione che "premia" le cellule in grado non solo di attecchire ma anche di proliferare in zone distanti da quelle originarie.
Limitandoci alla prima fase, cioè nel caso dei tumori epiteliali alla invasione del connettivo, il processo chiave è noto come EMT (epithelial-mesenchimal transition), processo durante il quale la cellula perde i connotati precipuamente epiteliali acquisendo, tra le altre cose, un certo grado di motilità, quindi capacità di invadere aree circostanti.
Arriviamo così ad un recente articolo pubblicato su Cancer Cell da Ishay-Ronen e collaboratori.
I ricercatori sono riusciti ad indurre le cellule tumorali metastatiche della mammella a differenziarsi in adipociti, facendole "deragliare" dal percorso EMT, "intrappolandole" in uno stato differenziato senza ritorno. Lo studio è stato condotto in topi.
Il trattamento, basato su un mix di rosiglitazone (un inibitore della proteina PPAR) e da inibitori di una chinasi nota come MEK, oltre ad essere efficace si è rivelato selettivo per le sole cellule tumorali mammarie mesenchimali senza intaccare le cellule epiteliali sane.
Dato molto importante, anche una volta smessa la somministrazione del cocktail di sostanze, le cellule hanno mantenute lo stato differenziato.
Interessante anche il dato che gli adipociti neoformati siano localizzati nella zona di confine tra il tumore e il tessuto sano a conferma di quella che era l'ipotesi di partenza, cioè che la transizione EMT fosse la fase vulnerabile del tumore; il dazio che il tumore doveva pagare mentre "cambiava spoglie".
I risultati benché preliminari e da confermare sul lungo periodo prima di pensare a sperimentazioni umane, hanno mostrato una riduzione di più di 10 volte delle metastasi polmonari (le più classiche con tumore primario alla mammella) rispetto ai controlli non trattati.
Risultato netto: adipociti in più e cellule tumorali in meno. Uno scambio assolutamente gradito.
Verissimo che una alimentazione a basso contenuto calorico sia un viatico per una vita più lunga e un minor rischio di patologie, ma come dicevano i latini "in medio virtus stat": si può scegliere altro tra il fare una vita ascetica e vivere fino a 120 anni rimbambito e il vivere godereccio all'insegna del carpe diem.Bando alle ciance e vediamo il senso del titolo dell'articolo: la capacità di neutralizzare le cellule tumorali trasformandole in inoffensive cellule adipose (adipociti).
Passo indietro.
Le cellule nelle primissime fasi dello sviluppo embrionale hanno la capacità di dare origine a tutte (totipotenti) o molte (pluripotenti) le tipologie di cellule presenti nei tessuti. Tale capacità viene persa con il passare delle divisioni cellulari fino a che, con la raggiunta maturità (leggasi differenziamento terminale) la gran parte di esse perde la capacità di dividersi entrando in uno stato definito post-mitotico. Molti tessuti conservano una riserva di cellule (dette staminali) che servono per rimpinguare le cellule mature (quindi differenziate) perse per usura o danno; questa riattivazione "condizionata" è un processo fondamentale ad esempio nella cicatrizzazione quando è necessario "riempire" e "rimodellare" le aree lesionate. Non tutti i tessuti hanno tali cellule di riserva e a volte se presenti hanno una funzione limitata: vedi da una parte la incredibile capacità del fegato di rigenerarsi partendo da un lobo a cui fa contraltare la sostanziale non rigenerazione dei tessuti cardiaci (l'esistenza delle staminali cardiache è oggi negata da gran parte dei ricercatori) e quella cerebrale (nonostante siano state identificate staminali neuronali nel SVZ e nel bulbo olfattivo).
Come facile immaginare la riattivazione delle staminali tissutali è un processo altamente regolato. Quando il sistema di controllo viene meno, le cellule proliferano dove non dovrebbero dando luogo ad alterazioni di varia natura (vedi displasia, iperplasia e neoplasia).
La crescita fuori controllo è un problema su più livelli; una summa di perdita strutturale (quindi funzionale) e, come ben evidente nei tumori del sangue, porta ad uno sbilanciamento tra i vari tipi di cellule, alcune delle quali possono "scomparire" a causa di queste alterazioni.E' opinione comune che le alterazioni che danno luogo al tumore compaiano nelle cellule meno differenziate di un dato tessuto, che non a caso sono quelle con maggiore capacità proliferante e più strettamente regolate. Mutazioni predisponenti che comparissero in cellule differenziate avrebbero scarso effetto proprio perché le cellule sono troppo specializzate per tornare a dividersi.
L'ultimo ventennio ha visto molti gruppi di ricerca concentrare gli sforzi nel cercare di resettare cellule parzialmente differenziate per renderle capaci (all'occorrenza) di trasformarsi in altro. Il motivo? Avere a disposizione per ciascun individuo un serbatoio di cellule da usarsi qualora fosse necessario rigenerare tessuti danneggiati. Un approccio terapeutico con un triplo vantaggio potenziale: elimina il problema del rigetto immunitario (le cellule sostitute vengono dallo stesso individuo); permette di "riparare" anche tessuti privi o poveri di cellule staminali tissutali; evita di dovere fare ricorso alle staminali embrionali.
I risultati sono stati positivi (sebbene ci sia ancora molto lavoro da fare) con prove sul campo della possibilità di utilizzare cellule prelevate dalla cute di un adulto per ricreare neuroni o cellule del sangue.
Il lavoro che ha permesso la creazione di quest tipo di cellule "staminali indotte" (IPS da induced pluripotent stem cell) è stato premiato con il Nobel nel 2012 a John B. Gurdon e Shinya Yamanaka.Come? Senza addentrarci troppo in un campo specialistico diciamo che la procedura si basa sul trattamento delle cellule espiantate con un cocktail di sostanze e/o di geni che portano alla riattivazione di alcune vie differenziative spente nelle prime fasi dello sviluppo e allo spegnimento di altre.
Potete immaginare il processo dedifferenziativo come una prima fase in cui la cellula (ad esempio) epiteliale perde le proprie caratteristiche morfo-funzionali acquisite con lo sviluppo e "torna indietro nel tempo" fino a trovarsi in uno stato in cui diventa nuovamente responsiva a "stimoli" capaci di guidarla verso altri percorsi di sviluppo (ad esempio un neurone).
In modo non del molto diverso, durante la trasformazione tumorale la cellula "colpita" (e la sua progenie) si incanala attraverso una serie di fasi caratterizzate prima dalla perdita della morfologia cellulare che si ripercuote in una disfunzione tissutale; le cellule sono sia in eccesso che vanno ad occupare una posizione anomala che porta all'invasione di tessuti adiacenti (passano dall'epitelio al tessuto connettivo) entrando così in contatto con i vasi sanguigni. Una volta penetrate nel flusso sanguigno, inizia la selezione metastatica cioè la selezione che "premia" le cellule in grado non solo di attecchire ma anche di proliferare in zone distanti da quelle originarie.
Limitandoci alla prima fase, cioè nel caso dei tumori epiteliali alla invasione del connettivo, il processo chiave è noto come EMT (epithelial-mesenchimal transition), processo durante il quale la cellula perde i connotati precipuamente epiteliali acquisendo, tra le altre cose, un certo grado di motilità, quindi capacità di invadere aree circostanti.
Si tratta di un processo opposto a quello che avviene durante lo sviluppo o la cicatrizzazione (noto come MET - mesenchimal-epithelial transition). Il verificarsi della EMT in un tumore è di per sé un indicatore di cattiva prognosi, associato ad una alta probabilità di metastasi e bassi tassi di sopravvivenza oltre i 5 anni. Per inciso i tumori di origine epiteliale sono quelli più comuni.Il sacro Gral di molti ricercatori negli anni è stato quello di trovare un modo per interferire con l'EMT in mdo da bloccare il tumore nello stadio iniziale, di solito inoffensivo.
Arriviamo così ad un recente articolo pubblicato su Cancer Cell da Ishay-Ronen e collaboratori.
I ricercatori sono riusciti ad indurre le cellule tumorali metastatiche della mammella a differenziarsi in adipociti, facendole "deragliare" dal percorso EMT, "intrappolandole" in uno stato differenziato senza ritorno. Lo studio è stato condotto in topi.
Il trattamento, basato su un mix di rosiglitazone (un inibitore della proteina PPAR) e da inibitori di una chinasi nota come MEK, oltre ad essere efficace si è rivelato selettivo per le sole cellule tumorali mammarie mesenchimali senza intaccare le cellule epiteliali sane.
Dato molto importante, anche una volta smessa la somministrazione del cocktail di sostanze, le cellule hanno mantenute lo stato differenziato.
Interessante anche il dato che gli adipociti neoformati siano localizzati nella zona di confine tra il tumore e il tessuto sano a conferma di quella che era l'ipotesi di partenza, cioè che la transizione EMT fosse la fase vulnerabile del tumore; il dazio che il tumore doveva pagare mentre "cambiava spoglie".
I risultati benché preliminari e da confermare sul lungo periodo prima di pensare a sperimentazioni umane, hanno mostrato una riduzione di più di 10 volte delle metastasi polmonari (le più classiche con tumore primario alla mammella) rispetto ai controlli non trattati.
Risultato netto: adipociti in più e cellule tumorali in meno. Uno scambio assolutamente gradito.
Nota. Il caso più noto nella letteratura scientifica di trattamenti in grado di forzare un differenziamento "letale" sulle cellule tumorali è quello dell'acido retinoico in pazienti con leucemia promielocitica acuta (APL). Il trattamento, sviluppato una ventina di anni fa da ricercatori italiani, ha reso la APL curabile in modo risolutivo nel 99% dei casi.
Fonti
- Hijacking EMT: Better Fat Than Dead
Cancer Cell (2019), 35(1)
- Gain fat—lose metastasis: Converting invasive breast cancer cells into adipocytes inhibits cancer metastasis
D. Ishay-Ronen et al (2019) Cancer Cell, 35(1) pp17-32
Cancer Cell (2019), 35(1)
- Gain fat—lose metastasis: Converting invasive breast cancer cells into adipocytes inhibits cancer metastasis
D. Ishay-Ronen et al (2019) Cancer Cell, 35(1) pp17-32
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