Si è sempre pensato che l'età della madre fosse tra i parametri principali nella valutazione del rischio per la salute (mentale e fisica) del neonato. Un concetto questo suffragato sia da dati epidemiologici (ad esempio nella valutazione del rischio Sindrome di Down) che da ragioni oggettive: se da una parte la competizione esistente tra gli spermatozoi permette un minimo di selezione iniziale che rende molto improbabile la fecondazione ad opera dei gameti inefficienti, dall'altra l'oocita che arriva a maturazione è uno solo, quindi "vince" anche se difettoso.
Nel corso degli anni si sono tuttavia accumulati dati che mostrano come anche l'età paterna (oltre che il suo stile di vita) non sia irrilevante nel determinare il rischio di difetti nella progenie.
Uno studio del Georgetown University Medical Center dimostra ora che i difetti possono derivare non solo dalla presenza di mutazioni ma da qualcosa di più sottile come le alterazioni epigenetiche capaci anche esse di passare alle generazioni successive, sebbene non "sedimentate" - come avviene per le mutazioni - come una alterazione definitiva del codice.
L'epigenetica è lo studio delle modificazioni fenotipiche non dovute ad alterazioni del genotipo, alias della sequenza nucleotidica che definisce un gene o le aree regolatorie adiacenti. Si tratta di modificazioni a carico principalmente (ma non solo) delle proteine che compongono la cromatina, la forma dinamica in cui si trova il genoma all'interno della cellula e che permette al DNA di passare da una forma "aperta" (leggibile dal macchinario trascrizionale e regolatorio) e di natura "fibrosa", ad una forma chiusa estremamente compatta, ben evidente quando si guarda il cariotipo, l'immagine che immortala i cromosomi delle cellule immediatamente prima della divisione cellulare (mitosi). Le modificazioni epigenetiche sono di natura varia (metilazione, acetilazione, etc) e interessano sia il DNA che le proteine "rocchetto" (gli istoni) attorno a cui si organizza il DNA. E' importante sottolineare che tali alterazioni non sono il segno di uno stato patologico ma sono dei segnali regolatori cellulari che indicano alle cellule (a seconda dello stadio maturativo o di input ricevuti) quali sono le aree da "accendere" e quali da tenere spente, in altre parole l'accessibilità alla sequenza nucleotidica. Una trattazione a parte andrebbe fatta per tutte le modificazioni epigenetiche a carico dei diversi tipi di RNA, e che ne determinano la stabilità e funzionalità.
Poiché le cellule non vivono in un ambiente isolato ma sono esposte, sebbene filtrate, a molecole esogene si può capire come lo stile di vita (alimentazione, fumo, etc) abbia un effetto importante sulla funzionalità cellulare, attraverso la modifica dello stato epigenetico.
In tutto questo, l'effetto di una alterazione epigenetica può essere molto simile a quella di una mutazione per la sua capacità di modificare il comportamento cellulare, salvo per il fatto che è una alterazione reversibile. Alcune di queste alterazioni sono trasmesse alla progenie in quanto sfuggono al "ripristino", il processo durante la gametogenesi che cancella gran parte dello stato epigenetico, atto fondamentale per trasmettere l'informazione genetica e non le "cicatrici" esperienziali delle cellule.
Lo studio, pubblicato nel Journal of Stem Cells, conferma che lo stile di vita di entrambi i genitori può influenzare lo stato di salute della prole su base puramente epigenetica.
Non solo quindi l'ambiente materno (con il suo retroterra nutrizionale e ormonale, direttamente interlacciato allo stato psicologico) può influenzare lo sviluppo embrionale ma anche lo stile di vita e l'età del padre. E questo vale non solo per la progenie "diretta" ma anche per le generazioni successive.
In letteratura medica non sono rari i casi di neonati diagnosticati con sindrome alcolica fetale (FASD), sebbene le madri fossero astemie o poco inclini all'abuso di alcol. Si stima che fino al 75 per cento dei bambini con FASD siano figli di padri alcolisti, il che conferma come eventi avvenuti prima del concepimento, e di origine paterna, possano avere un effetto sulla prole.
L'analisi descritta nell'articolo è una meta-analisi, vale a dire un'analisi comparata degli studi epidemiologici già presenti in letteratura (ottenuti sia dalla clinica che dalle ricerca preclinica) con il risultato di dati statisticamente più forti e scientificamente più rigorosi.
Rimandandovi all'articolo originale per le metodologie analitiche usate, l'effetto epigenetico paterno è evidente nei seguenti casi:
L'impatto dell'epigenetica paterna è stato in passato sottovalutato e dovrà, con il progredire delle conoscenze a riguardo, evolversi nella produzione di linee guida pre-concepimento (come avviene per la donna) allo scopo di minimizzare i fattori di rischio per la progenie.Rimandandovi all'articolo originale per le metodologie analitiche usate, l'effetto epigenetico paterno è evidente nei seguenti casi:
- l'età avanzata del padre si correla con tassi incrementali del rischio schizofrenia, autismo, e difetti di nascita nella prole;
- una dieta bilanciata e a ridotto numero di calorie durante la pre-adolescenza porta alla riduzione del rischio di morte cardiovascolare nei figli e nipoti;
- l'obesità paterna si correla alla presenza nei figli di adipociti di taglia maggiore, cambiamenti nella regolazione metabolica, diabete, obesità e perfino un maggior rischio di tumore al cervello;
- lo stress psicosociale (traumi infantili, stress lavorativo, etc) del padre si associa ad anomalie comportamentali nella prole;
- l'abuso di alcol provoca una diminuzione del peso del neonato alla nascita e una ridotta dimensione e funzionalità cerebrale.
Fonte
- Review Finds Fathers’ Age, Lifestyle Associated With Birth Defects
Georgetown University / news
- Influence of paternal preconception exposures on their offspring: through epigenetics to phenotype
Jonathan Day et al, (2016) Am J Stem Cells, 5(1):11-18
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A completamento di quanto sopra, cito alcuni dei dati noti sull'effetto dell'epigenetica (e quindi dell'ambiente in senso generale) su una o più generazioni successive a quella del soggetto esposto:
Eredità materna
- L'abuso di alcol provoca la sindrome alcolica fetale, a causa di una diminuita attività metilasica e conseguente ipometilazione del DNA fetale, che provoca una alterata espressione dei geni durante lo sviluppo
- nei topi le preferenze alimentari delle madri possono essere trasmesse alla prole attraverso il latte materno.
- Il grado di cure parentali (materne) nei topi ha un effetto diretto sullo stato di metilazione della citosina e a cascata sull'espressione genica nelle cellule cerebrali della prole. In altre parole la qualità delle cure materne ha un impatto sulla futura capacità della progenie di allevare la propria prole, propagando così l'effetto di generazione in generazione. Uno studio simile condotto sui ratti, mostra che i piccoli trascurati hanno una maggiore metilazione nel promotore del gene codificante per il recettore dei glucocorticoidi. Negli esseri umani si osserva un fenomeno nel gene suddetto nel caso di persone abusate da bambini e suicidatesi in età adulta.
- Un gran numero di studi dimostra che l'ambiente (stress e dieta - anche qualitativa) ha un effetto sia sullo stato di salute "attuale" che su quello della prole.
Eredità paterna
Sebbene da un punto di vista "informativo" vi sia, nelle fasi immediatamente successive alla fecondazione, una netta dominanza materna (gli mRNA paterni sono degradati subito dopo l'entrata nell'oocita e, dato il grado di compattezza del genoma spermatico, bisogna attendere alcune divisioni cellulari prima che i geni paterni vengano nuovamente trascritti "a sufficienza") vi sono altri fattori che possono avere un effetto "immediato".
Ad esempio ogni evento che provochi una ridotta funzionalità spermatica (motilità, etc) può modificare il "dove" avviene la fecondazione nell'apparato genitale femminile. Ma la componente cellulare è solo uno dei fattori in causa data l'importanza del liquido seminale (la sua composizione che a sua volta è alterata dalla dieta) per la funzionalità spermatica. Studi condotti su vari modelli animali hanno inoltre mostrato come la composizione del liquido seminale possa avere un impatto sia sul comportamento post-copulatorio femminile (infiammazione uterina, sintesi di progesterone, ...) che sulla cinetica di sviluppo embrionale.
Tra i fatti noti:
Ad esempio ogni evento che provochi una ridotta funzionalità spermatica (motilità, etc) può modificare il "dove" avviene la fecondazione nell'apparato genitale femminile. Ma la componente cellulare è solo uno dei fattori in causa data l'importanza del liquido seminale (la sua composizione che a sua volta è alterata dalla dieta) per la funzionalità spermatica. Studi condotti su vari modelli animali hanno inoltre mostrato come la composizione del liquido seminale possa avere un impatto sia sul comportamento post-copulatorio femminile (infiammazione uterina, sintesi di progesterone, ...) che sulla cinetica di sviluppo embrionale.
Tra i fatti noti:
- studi condotti sulla popolazione olandese e nello specifico sui discendenti di coloro che sono nati nel periodo della grande carestia del 1944, hanno evidenziato l'esistenza di un effetto sulla loro discendenza a 50 anni di distanza, con un legame tra assenza di cibo nei nonni paterni e la frequenza di obesità e malattie cardiovascolari comparse in età adulta nelle due generazioni successive (--> The Dutch Famine Birth Cohort Study).
- I topi maschi cresciuti con una dieta a basso contenuto di proteine generano una prole con ridotta produzione di colesterolo epatico.
- L'iniezione in una cellula uovo fecondata di RNA non codificanti prelevati da spermatozoi di maschi (diversi dai padri) allevati con una dieta ad alto contenuto di grassi, provocava nella progenie adulta una aumentata frequenza di patologie metaboliche.
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