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Hawking rivoluziona (ancora) i buchi neri. Nessun orizzonte degli eventi, quindi nessun buco nero duraturo

"Il buco nero esiste ma dato che non posso definirne i bordi forse non esistono come entità discrete". Questo potrebbe essere, in modo molto semplificato, il senso dell'articolo che sta scuotendo il mondo della fisica estrema.

Non si tratta infatti di una osservazione da poco dato che a proporla è la persona che ha speso più tempo nell'elaborazione teorica dei buchi neri. La maggior parte dei fisici non avrebbe la credibilità (e gli attributi intellettuali) per anche solo immaginare di scrivere un articolo il cui corollario fosse "non ci sono buchi neri".
Credit & ©: Astronomy/Roen Kelly/daviddarling.info
Ma se l'autore dell'articolo è Stephen Hawking, il padre di molti concetti rivoluzionari nella fisica dei buchi neri - come ad esempio la "radiazione di Hawking" - allora l'articolo deve essere preso in seria considerazione.
Il suo articolo è in realtà una ridefinizione del concetto dei buchi neri e riguarda l'esistenza stessa di un confine "netto" come l'orizzonte degli eventi. Al suo posto il fisico propone il concetto di orizzonte apparente una regione che trattiene energia/materia solo temporaneamente salvo poi rilasciarle anche se talmente rimescolate da rendere "irriconoscibile" l'informazione originaria. Ridefinire il punto di confine tra ciò che è dentro (e che sapevano non potere mai uscire) e ciò che è fuori equivale a togliere definizione al concetto stesso di buco nero. Una affermazione che ha fatto strabuzzare gli occhi (se non contestualizzata) al lettore superficiale. 
Una schematizzazione delle regioni in prossimità di un buco nero.
©space.com / NASA's Goddard Space Flight Center/J. Schnittman, J. Krolik (JHU) & S. Noble (RIT)

Andiamo con ordine.
S. Hawking  (©Photoshot)
S. Hawking  (©Photoshot)
Il 22 gennaio scorso Hawking ha pubblicato una versione preliminare (nel senso di non ancora accettata dai revisori) di un articolo che suona come "la conservazione di informazioni e le previsioni meteorologiche per i buchi neri". Titolo già di suo curioso.
Il documento si basa in gran parte su un discorso tenuto da Hawking via Skype durante una conferenza presso l'Istituto Kavli di Fisica Teorica a Santa Barbara, California, nell'agosto del 2013 (VIDEO).
Il punto centrale dell'intervento (e quindi dell'articolo) era il cercare di risolvere il cosiddetto "paradosso del firewall del buco nero", un problema su cui lavorano i fisici teorici da un biennio, da quando cioè  Joseph Polchinski si trovò di fronte ad un problema teorico inaspettato associato al famoso dilemma "cosa accadrebbe ad un astronauta che avesse la sfortuna di cadere in un buco nero?"
Il paradosso della perdita di informazione (©Nature)

 Ovvio che si tratta di un problema matematico e di fisica "estrema" che non potrà mai essere testato da alcuno (a meno che non si trovi il modo di viaggiare fino al centro della galassia). Si tratta di un puro mezzo per sondare la validità delle basi teoriche che abbiamo sull'argomento.
L'orizzonte degli eventi è difatti una conseguenza matematica della teoria generale della relatività di Einstein, evidenziata per la prima volta nel 1915 da Karl Schwarzschild, meno di un mese dopo la pubblicazione della teoria. L'ipotesi a lungo accettata è che l'astronauta attraverserebbe questa linea di confine (oltre la quale nulla può più sfuggire, nemmeno la luce) senza accorgersene, inconsapevole della sua morte imminente. Una volta passata questa invisibile linea di confine le tremende forze gravitazionali inizierebbero a tirarlo verso il centro del buco nero e, soprattutto, a stirarlo come un elastico verso l'interno (da qui il termine spaghettificazione) fino a schiacciarlo nella singolarità, l'ipotetico nucleo infinitamente denso del buco nero (vedi anche l'eccellente articolo apparso su vialattea).
Polchinski tuttavia rilevò che, analizzando il fenomeno mediante le logiche della meccanica quantistica, le conclusioni cambiavano radicalmente in quanto l'orizzonte degli eventi non sarebbe più una linea di confine invisibile ma al contrario una barriera ad altissima energia (firewall) che brucerebbe l'astronauta all'istante. Un problema non indifferente non tanto per l'astronauta destinato in ogni caso ad una fine tragica, quanto perché in aperto contrasto con la teoria generale della relatività. Secondo questa teoria infatti, qualunque persona in caduta libera dovrebbe percepire le leggi della fisica in modo identico, ovunque si trovi nell'universo, sia che stia cadendo in un buco nero o fluttuando nei pressi del suo veicolo spaziale. Per Einstein l'orizzonte degli eventi è un luogo "insignificante".
E' impossibile a tal proposito non citare i lavori precedenti di Hawking sul destino dell'informazione catturata in un buco nero.
Già nel 1974 lo scienziato inglese propose che materia e energia potevano sfuggire ad un buco nero attraverso quello che oggi è nota come radiazione di Hawking. Una teoria che in sostanza rivoluzionò il campo in quanto presupponeva il concetto stesso di evaporazione dei buchi neri.
Il corollario di questa idea è che se viene emessa una radiazione allora forse questa potrebbe essere usata per risalire alla materia caduta nel buco nero. Una ipotesi negata dallo stesso Hawking, in quanto la radiazione è stata sottoposta ad un rimescolamento operato dalle immani forze del buco nero; quindi sebbene la radiazione sia un effetto "dell'evaporazione della materia" non ha più con essa alcun legame. Sarebbe come cercare di leggere una pagina dopo che questa è bruciata in un caminetto. Anche recuperando i vapori emessi e la cenere è chiaramente improponibile cercare di capire se la pagina fosse in formato A4 o se fosse scritta in corsivo o stampatello. Ma se l'informazione è persa allora si entra in diretto conflitto con un assunto fondamentale della teoria quantistica, cioè l'idea che l'informazione non possa essere distrutta.
A distanza di 30 anni nel 2004, Hawking ammise di essersi sbagliato  sulla perdita di informazione sebbene ad oggi nessuno sia in grado di spiegare come l'informazione possa sfuggire a un buco nero. Un problema doppio dato che da una parte l'idea della informazione che fuoriesce da un buco nero non è compatibile con la relatività generale, e dall'altra distruggere l'informazione non è compatibile con la teoria quantistica.
Allora chi ha ragione?
Con il nuovo articolo Hawking propone una terza via, che permette di salvare capra e cavoli, cioè meccanica quantistica e relatività generale: dai buchi neri scompare l'orizzonte degli eventi. La chiave per comprendere tale modifica teorica è che nei pressi del buco nero le oscillazioni dello spazio-tempo sono talmente ampi da rendere improbabile l'esistenza stessa di un confine ben definito. Al posto dell'orizzonte degli eventi, Hawking suggerisce di usare un "orizzonte apparente", un'area lungo la quale i raggi di luce rimarranno come sospesi.
Secondo Hawking "l'assenza di orizzonti degli eventi significa che non ci sono buchi neri - nel senso di regioni da cui la luce non può sfuggire all'infinito. Ci sono, tuttavia, gli orizzonti apparenti, che persistono per un certo periodo - finito - di tempo".
Il fatto che l'orizzonte apparente sia "flessibile" come posizione, associato al fatto che non sia eterno e possa dissolversi (quando le sue dimensioni siano diminuite oltre ad una certa soglia), porta con se un concetto estremo nelle sue implicazioni: in linea di principio qualunque cosa può uscire da un buco nero. Una volta svanito il buco nero ciò che era stato in tempi immemori intrappolato al suo interno verrebbe infine rilasciato.
Certo in una forma ben diversa da quella originaria (una parte emessa in precedenza sotto forma di radiazione di Hawking), ma indubbiamente sarebbe destinato ad uscire.

 Se l'idea di Hawking fosse corretta, potrebbe anche accadere che … non esiste alcuna singolarità al centro del buco nero. La materia sarebbe "semplicemente" trattenuta temporaneamente dietro l'orizzonte apparente, senza mai raggiungere il centro.

In termini grossolani cancellare il concetto di orizzonte degli eventi assomiglia ad un escamotage per rimuovere l'essenza stessa del paradosso: no-orizzonte, no-conflitto tra relatività e quantistica. Una soluzione che non accontenta alcuni fisici teorici, tra cui Raphael Bousso, della università della California a Berkeley. "Non è possibile avere entrambe le cose, togliere la barriera posta sul confine e fare ricomparire l'informazione disassemblata durante il passaggio del confine. Stephen semplicemente non ha discusso di questo argomento, quindi non è chiaro lo abbia affrontato".
Un altro critico è Don Page, della università di Alberta in Canada, "Io non penso che eliminare il concetto di orizzonte degli eventi sia in grado di per sé di risolvere il problema del firewall, che è un problema sottile. Inoltre l'idea di eliminare il concetto di orizzonte degli eventi non è nemmeno una idea nuova essendo stata proposta la prima volta un trentennio fa, se non prima".
In conclusione, essendo ben lungi dal potere anche solo immaginare chi dei due abbia ragione, la discussione rimane aperta

(Articoli precedenti sul tema buchi neri, qui)
(articolo successivo, qui)

Fonti
- Information Preservation and Weather Forecasting for Black Holes
S. Hawking, arXiv.org (2014)
- Firewall, un muro di energia alla fine dello spazio-tempo
Le Scienze, novembre 2013
- Stephen Hawking: 'There are no black holes'
Nature, 24 gennaio 2014
- Astrophysics: Fire in the hole!
 Nature, aprile 2013

- Stephen Hawking: 'There are no black holes'
space.com
-  Stephen Hawking's New Black Hole Theory: Scientists Remain Unconvinced
space.com



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