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I misteriosi "puntini rossi" visti dal JWST sono "stelle buchi neri"?

Rappresentazione artistica di un BH*
(© MPIA/HdA/T. Müller/A. de Graaff)
Nell'estate del 2022, dopo poco meno di un mese dall'entrata in funzione del telescopio spaziale James Webb (JWST), gli astronomi rilevarono nelle immagini catturate dalle profondità dello spazio dei piccoli puntini rossi la cui luce cadeva nel medio infrarosso, al di là della sensibilità di Hubble, il telescopio migliore fino ad allora disponibile.
Alcuni dei "piccoli puntini rossi" scoperti dal JWST
(Image: wikipedia)
Ulteriori dati mostrarono che questi oggetti erano distanti non meno di 12 miliardi di anni luce, quindi una luce originata circa 1,8 miliardi di anni dopo il Big Bang.
Ok. Nulla di strano se uno pensa che sono stati visti segnali risalenti a poche centinaia di milioni di anni dopo il Big Bang. Tuttavia questi "puntini rossi" non erano catalogabili (per le caratteristiche spettrali) con nessuno dei modelli stellari standard.

Una delle prime interpretazioni fu che i piccoli puntini rossi fossero galassie estremamente ricche di stelle, la cui luce era resa rossa da enormi quantità di polvere circostante.
Nella nostra galassia, la Via Lattea, l'unica regione così densa di stelle è il nucleo centrale, che però contiene solo circa un millesimo delle stelle necessarie per spiegare - secondo il modello proposto - i puntini rossi. Altro problema è che l'elevato numero di stelle necessarie, pari a centinaia di miliardi di masse solari, poneva seri problemi di fattibilità in un universo così giovane.
In contrapposizione a questo modello, altri astronomi erano più dell'idea che i piccoli puntini rossi fossero nuclei galattici attivi oscurati da una ingenti quantità di polvere.
I nuclei galattici attivi sono ciò che vediamo quando un flusso costante di materia cade sul buco nero centrale di una galassia, formando un disco di accrescimento estremamente caldo attorno all'oggetto centrale.

La seconda interpretazione poneva  una serie di limitazioni dovute agli spettri e necessitava, per essere testata, di tempi di osservazione più lungo il che richiedeva occupare più slot di osservazioni tra quelli offerti a chi necessitava sfruttare il JWST. 

Tra i puntini rossi il più interessante (per le caratteristiche spettrali) di tutti era quello proveniente dal "puntino" soprannominato "The Cliff" distante 11,9 miliardi di anni.

The Cliff" prende il nome dalla caratteristica più evidente del suo spettro: un forte picco nello spettro che apparirebbe nella regione appena oltre la soglia del visibile nel violetto. "Apparirebbe" perché il nostro universo è in espansione quindi la lunghezza d'onda si allunga fino a quasi cinque volte il suo valore originale, il che indica spiega perché lo spettro osservato del Cliff non sia nell'ultravioletto ma nell'infrarosso ("redshift cosmologico").
Nessun modello stellare esistente si adattava a The Cliff, che assomigliava più allo spettro di una singola stella che a quello di una galassia con un buco nero.

Era necessario un nuovo modello che ha preso il nome di "stella buco nero" (BH*): un nucleo galattico attivo, ovvero un buco nero supermassiccio e il suo disco di accrescimento, circondato e arrossato non da polvere, ma da uno spesso involucro di idrogeno gassoso.
BH* non è una stella in senso stretto, poiché al suo centro non avviene alcuna reazione di fusione nucleare come al centro di una qualsiasi stella (e che fornisce energia radiante per sostenere gli strati superiori evitando di collassare in un buco nero). Inoltre, il gas nell'involucro deve "turbinare" molto più violentemente rispetto a qualsiasi atmosfera stellare ordinaria.
Fatte queste premesse la fisica di base di un BH* è simile: il nucleo galattico attivo riscalda l'involucro di gas circostante, proprio come il centro di una stella, alimentato dalla fusione nucleare, riscalda gli strati esterni della stella, quindi l'aspetto esterno presenta notevoli somiglianze.

"The Cliff" sarebbe un esempio estremo in cui la BH* centrale domina la luminosità dell'oggetto mentre la luce degli altri puntini rossi sarebbe una mix uniforme della stella buco nero centrale con la luce delle stelle e del gas nelle parti circostanti della galassia.

Se questa ipotesi (BH*) fosse davvero la soluzione, potrebbe avere un altro potenziale vantaggio. 
Sistemi di questo tipo erano stati precedentemente studiati in un contesto puramente teorico, con buchi neri di massa intermedia molto più leggeri. In quel contesto, la configurazione con buco nero centrale e involucro di gas circostante era vista come un modo per far crescere rapidamente la massa dei buchi neri centrali di galassie primordiali. Dato che il JWST ha trovato prove concrete dell'esistenza di buchi neri di grande massa nell'universo primordiale, una configurazione che potrebbe spiegare la crescita ultrarapida della massa dei buchi neri sarebbe un'aggiunta gradita agli attuali modelli di evoluzione delle galassie. 

Come può essersi formata una stella buco nero di questo tipo? Come può l'insolito involucro di gas essere mantenuto a lungo (su scala cosmica) visto che il buco nero divora il gas circostante e serve quindi un meccanismo per "rifornire" l'involucro? 
Per avere risposte serviranno altri dati e forse nuovi modelli

Fonte
A remarkable Ruby: Absorption in dense gas, rather than evolved stars, drives the extreme Balmer break of a Little Red Dot at z=3.5
Astronomy & Astrophysics, 701, A168 (2025)

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