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Amnesia infantile. Perché non ricordiamo nulla della prima infanzia?

Perché non ricordiamo nulla della nostra prima infanzia?

Sebbene i primi anni di vita siano un continuo processo di apprendimento e memorizzazione, tali eventi scivolano nell’oblio tanto che di questa fase gli adulti ricordano eventi (e solo a sprazzi) avvenuti dopo i 4 anni. Un fenomeno noto amnesia infantile. Circa le cause del fenomeno del non conservare memoria di queste esperienze, il consensus è che l’ippocampo, la parte del cervello responsabile della conservazione dei ricordi, si sviluppa tardivamente e raggiunge la maturità solo durante l’adolescenza. Una nuova ricerca pubblicata su Science contraddice in parte questo assunto, conclusione ottenuta dopo avere confrontato le risposte cerebrali di bambini sotto i 2 anni alla visione di immagini, alcune delle quali mostrate più volte. Tanto più l'ippocampo del bambino risultava attivo quando vedeva un'immagine la prima volta, tanto più era probabile che riconoscesse l’immagine quando ripresentata. Una osservazione che se da una parte dimostra che nella prima infanzia i processi mnemonici sono attivi, dall’altra pone il quesito sul perché (e quando) queste memorie vengano cancellate.

Punto critico affrontato dai ricercatori trovare un metodo solido per testare la presenza di ricordi episodici in soggetti che non possono dire “ho già visto questa immagine” (un volto, oggetto o scena). Scelta ricaduta come metodo sull’innocua e affidabile risonanza magnetica funzionale (fMRI) e come procedura sul mostrare ai bambini una serie di immagini mai viste seguite poi da una serie di due immagini appaiate di cui una poteva essere già stata mostrata. Quando i pargoli si trovavano di fronte a qualcosa che avevano già visto, la reazione era di fissarla per più tempo rispetto alla immagine adiacente nuova (un chiaro indizio del riconoscimento di qualcosa di familiare in atto).
Il campione testato è di 26 bambini tra i 10 e 24 mesi
Un momento della preparazione dell'infante al test mnemonico
(credit: YaleNews)
L’area del cervello che si “illuminava” durante il ricordo è quella dell’ippocampo posteriore, ben nota per la fissazione delle memorie e sede negli adulti della memoria episodica; maggiore l’attività nell'ippocampo quando un neonato guardava una nuova immagine, e più a lungo la (ri)fissava quando riappariva durante la presentazione. Sebbene i risultati siano stati confermati su tutto il campione, i risultati più “forti” si sono avuti nei bambini con più di 12 mesi (metà del gruppo campione), dato che coincide con una maggior sviluppo dell’ippocampo.
In verde l'ippocampo (da sinistra a destra la parte anteriore/posteriore)
Credit: Treccani
Dati ottenuti in precedenza dallo stesso team di ricercatori indicavano che l'ippocampo di neonati di appena tre mesi mostrava un diverso tipo di memoria chiamato "apprendimento statistico". Mentre la memoria episodica si occupa di eventi specifici, l'apprendimento statistico riguarda l'estrazione di modelli attraverso gli eventi (ad esempio non il ristorante in cui si va a mangiare ma come appare un ristorante per essere catalogato come tale). Questi due tipi di memoria utilizzano percorsi neuronali diversi nell'ippocampo. Studi condotti sugli animali hanno dimostrato che il percorso di apprendimento statistico, che si trova nella parte più anteriore dell'ippocampo si sviluppa prima di quello della memoria episodica. Ecco il perché della maggiore forza dei risultati prima descritti nei bambini da 12 mesi in su. Nei neonati serve infatti altro: l’apprendimento statistico consiste nell'estrarre la struttura del mondo che ci circonda, fase fondamentale per lo sviluppo del linguaggio, della vista, dei concetti etc. 
L’importanza di questo studio è che dimostra come i ricordi episodici vengano codificati dall'ippocampo prima di quanto finora ipotizzato, molto prima dei primi ricordi che possiamo ricordare da adulti.

Quindi, cosa succede a questi ricordi?
Diverse le possibilità proposte dai ricercatori. Una è che i ricordi potrebbero non essere convertiti in memoria a lungo termine e quindi “persi”. Un'altra, preferita dagli autori dell’articolo, è che i ricordi permangano a lungo dopo la codifica e semplicemente non possiamo accedervi. 
Sono in corso dei test per verificare se infanti e bambini piccoli riescano a ricordare video casalinghi ripresi dalla loro prospettiva di neonati (più piccoli), con risultati pilota provvisori che mostrano che questi ricordi potrebbero persistere fino all'età prescolare prima di svanire.

Paradigm for Memory Testing in Infants
(credit: The Scientist)

Fonte
- Hippocampal encoding of memories in human infants
TS Yates et al, (2025) Science 387(6740) pp. 1316-1320

The ubiquity of episodic-like memory during infancy
L. Behm et al, (2025) Trends in Cognitive Sciences 


***
Per quanto possa sembrare scontato, il modo migliore per sviluppare la memoria e le capacità dei bambini è dare loro giochi manuali invece di tablet et similia. Un classico sempre verde il gioco della Ravensburger 
Immagine e link da Amazon


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