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Stimolazione cerebrale profonda e trattamento della depressione

Ho già trattato in queste pagine (vedi QUI) i benefici della tecnica nota come stimolazione cerebrale profonda (DBS) – cioè una sorta di "pacemaker" inserito nel cervello– nel trattamento dei pazienti affetti da depressione grave resistente al trattamento (articoli precedenti sull'argomento QUI). 
Image credit: cam.ac.uk
Lo studio oggi discusso (pubblicato su Nature Communications) quantifica i benefici in almeno la metà dei 26 soggetti analizzati. 

Il disturbo depressivo maggiore è tra i più comuni problemi di salute mentale invalidanti. Sebbene gli antidepressivi e le terapie cognitive aiutino molti pazienti, i tassi di resistenza al trattamento sono elevati (non funzionano in circa 4 pazienti su 10).
Uno spiraglio di luce è arrivato negli ultimi decenni grazie alla DBS, sperimentata con successo all'inizio nei pazienti affetti da morbo di Parkinson. La tecnica prevede l'inserimento in profondità nel cervello di sottili elettrodi che trasmettono una lieve stimolazione elettrica per correggere l'attività cerebrale irregolare.
Nello studio pubblicato su Nature Communications (condotto "in aperto") i ricercatori hanno usato come bersaglio dello stimolo due aree del cervello. La prima, il nucleo centrale della stria terminale (BNST), è un'estensione dell'amigdala coinvolta nella regolazione di stress, ansia, paura e comportamenti sociali, in particolare in risposta a stress e paure a lungo termine. La seconda area era il nucleo accumbens, area chiave per l'elaborazione delle ricompense (reward) quindi centrale per motivazione, piacere e il rinforzo di attività "rewarding".
Dei 26 pazienti trattati, in 13 sono stati riscontrati miglioramenti significativi, misurati su diversi punteggi per i sintomi correlati a depressione e ansia, insieme a punteggi clinicamente rilevanti per la qualità della vita. 9 di questi pazienti (il 35% della coorte dello studio) hanno raggiunto la remissione, ovvero una quasi completa eliminazione dei sintomi.

I ricercatori hanno registrato l'attività elettrica cerebrale dagli elettrodi nel BNST (invasivo) e dall'elettroencefalogramma (EEG), quindi in modo non invasivo, e hanno scoperto che l'attività cerebrale a uno specifico intervallo di frequenza (4-8 Hz), noto come attività theta, è un parametro clinicamente affidabile.
Nello specifico l'attività theta nel BNST era correlata alla gravità della depressione del paziente e al livello di ansia che provava quotidianamente: i pazienti con livelli più elevati di attività theta presentavano sintomi più gravi.
Posizione del BNST

Nucleo accumbens (credit: wikipedia)
Le persone con livelli più bassi di attività theta in questa regione cerebrale prima dell'intervento chirurgico tendevano a migliorare maggiormente e a riportare maggiori miglioramenti nella qualità della vita misurata a 3-6-12 mesi, sebbene solo in relazione a depressione e ansia, mentre non vi erano variazioni nella perdita di piacere (nota come anedonia).
Analogamente, anche i pazienti con una maggiore "coerenza" nelle frequenze theta tra il BNST e la corteccia prefrontale avevano maggiori probabilità di ottenere miglioramenti-
La corteccia prefrontale è coinvolta nella regolazione emotiva e una maggiore coerenza implica una migliore comunicazione tra queste due regioni. 
Durante la sperimentazione, la DBS ha ridotto l'attività theta del BNST, e questa riduzione ha portato a miglioramenti nei sintomi di depressione e ansia. Un dato questo che apre la possibilità di utilizzare un "sistema a circuito chiuso" che utilizza un feedback in tempo reale per regolare la stimolazione elettrica.

Poiché l'attività theta monitora gli stati d'ansia in tempo reale, significa che se l'attività è elevata, vi è una ragionevole certezza nell'affermare "il paziente è in uno stato d'ansia. Bisogna aumentare la stimolazione". In converso se l'attività theta è bassa, la stimolazione è sufficiente.

Oltre all'analisi fisiologica i pazienti sono stati parametrati anche dalla risposta a immagini piacevoli (ad esempio immagini di cuccioli), neutre (un arredo) o negative (un incidente). Si è così appurato che coloro che mostravano una più forte reazione ad immagini negative erano quelli che avevano meno probabilità di ottenere benefici dalla DBS.

Come detto lo studio, per ovvie ragioni operative, è stato fatto "in aperto", quindi sia i medici che i pazienti sapevano che non si trattava di un "placebo" ma di una terapia. Studi che da un punto di vista statistico hanno una serie di problemi proprio per l'assenza di veri controlli.
Ricercatori cinesi hanno condotto uno studio clinico randomizzato, controllato e in doppio cieco su DBS e trattamento della depressione resistente al trattamento, i cui risultati non sono ancora stati pubblicati

Fonte
- Prefrontal–Bed Nucleus of the Stria Terminalis Physiological and Neuropsychological Biomarkers Predict Therapeutic Outcomes in Depression.
L. Wang et al (2025) Nat Comms



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Almeno nei roditori la forma fisica passa da padre in figlio

Un detto popolare sembra fatto apposta per descrivere anche l'ereditarietà di tratti non prettamente genetici, nel senso di caratteristiche conseguenti all'esperienza e non a quanto codificato dai geni.
Nota. Fenomeno ben noto quello di eventi esterni che dopo avere agito sui genitori, molto prima che diventassero tali, hanno manifestato i loro effetti sulla progenie. Il caso meglio studiato è quello degli effetti sui figli di quelle che erano ancora bambine durante la grave carestia che colpì alcune aree dell'Olanda nel 1944 (--> articolo). Lo studio degli effetti  duraturi sull'espressione genica, senza che vi sia una variazione nell'informazione del gene stesso, va sotto il nome di epigenetica. 
Nello specifico della notizia odierna la scoperta che topi maschi sottoposti ad allenamento costante possono trasmettere la loro forma fisica alla prole maschile. 
I ricercatori hanno scoperto che i topi atletici avevano livelli aumentati di 10 tipi di microRNA nello sperma rispetto ai topi "non palestrati"; i microRNA coinvolti hanno effetti sul metabolismo e la funzione muscolare durante lo sviluppo embrionale. Risultato netto una prole maschile in grado di correre più a lungo su un tapis roulant rispetto a quella originata da padri più sedentari. 
Meccanismi simili potrebbero esistere (ma non è provato) anche negli esseri umani data la scoperta dell'esistenza di aumentati livelli di microRNA simili nello sperma di uomini atletici.


Fonte
Paternal exercise confers endurance capacity to offspring through sperm microRNAs
Xin Yin et al, (2025) Cell Metabolism


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Insulina e diabete. In un prossimo futuro un cerotto sostituirà l'ago

Ricercatori cinesi hanno sviluppato una crema basata su un polimero permeabile alla pelle in grado di rilasciare insulina nell'organismo, che potrebbe un giorno rappresentare un'alternativa alle iniezioni per la gestione del diabete.

Nei test di laboratorio condotti su modelli animali, l'insulina legata al polimero riesce a penetrare attraverso gli strati cutanei senza causare danni e a ridurre i livelli di glucosio nel sangue a una velocità paragonabile a quella dell'insulina iniettata.


Fonti
- Insulin cream offers needle-free option for diabetes
Nature (2025)

A skin-permeable polymer for non-invasive transdermal insulin delivery
Qiuyu Wei et al, (2025) Nature









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Letargo e migrazione sono comportamenti innescati da un gene

Le giornate si accorciano sempre più, specie qui al nord, e gli animali (umani compresi) rispondono alla diminuzione delle ore di luce variando metabolismo e comportamento (come preparazione al letargo o alla migrazione). 
Un riccio in letargo (credit: University of Glasgow)
Sebbene sia ben noto il legame tra stimoli ambientali per scandire gli eventi fenologici, lo studio di oggi (pubblicato sulla rivista eLife) è il primo che dimostra il meccanismo genico intrinseco di questi comportamenti stagionali nei mammiferi, che, fino ad ora, era rimasto sfuggente.

Studi precedenti avevano già mostrato le correlazioni tra variazioni ambientali e l'espressione genica; questo studio è però il primo che dimostra che è il gene Dio3** ad essere fondamentale per impostare l'orologio stagionale interno dei mammiferi; gene che deve essere attivo perché si inneschi il letargo invernale.

Il gene è presente in pressoché tutti i vertebrati (mammiferi, pesci, uccelli e rettili) con un grado di conservazione che indica un ruolo importante, per quanto le azioni indotte possano essere diverse nei diversi animali anche appartenenti alla stessa Classe. Semmai un criterio importante nella "forza" della risposta è data dalla latitudine in cui il particolare animale si è adattato; a latitudini corrispondenti a climi temperati (ad es. Europa) il gene è più attivo rispetto a quelli che vivono nella fascia delimitata dai Tropici spiegabile con la minore variabilità inter-stagionale in queste aree delle ore di luce e quindi alla minore (o nulla) necessità di attivare comportamenti preventivi.

I risultati sono stati ottenuti mediante l'analisi del trascrittoma fatta sul criceto Djungarian con campionamento periodico e monitoraggio comportamentali.
All'accorciarsi delle giornate (o più correttamente all'aumentare delle ore di buio) il gene Dio3 diviene sempre più attivo, il che a cascata attiva una sorta di orologio semestrale in cui avviene il letargo. Una volta terminata la fase di attività del gene (periodo che corrisponde alla primavera) i criceti tornano spontaneamente (cioè senza bisogno di altri stimoli) alla vita "estiva".

Capire come e quando i geni sono attivi durante la stagione fornisce una migliore conoscenza del meccanismo alla base della salute annuale e, soprattutto, delle potenziali cause di malattie acute o croniche che in alcuni individui (sensibili al buio invernale) risultano più frequenti.

Fonte
Hypothalamic deiodinase type-3 establishes the period of circannual interval timing in mammals


** Il gene Dio3 (Deiodinasi di tipo 3) innesca effetti metabolici principalmente attraverso l'inattivazione degli ormoni tiroidei, fungendo da "guardiano" che riduce la loro attività ad esempio disattivando la tiroxina (T4) in triiodotironina inversa (rT3) e la triiodotironina (T3) in 3,3'-diiodotironina (T2). Sia rT3 che T2 sono forme inattive.


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