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Nikolaj Ivanovič Vavilov. Quando il pensiero scientifico si scontra con l'ortodossia ideologica (o religiosa)

 La mela, la scienza e le ideologie
Quando si pensa agli ostacoli che il pensiero scientifico ha dovuto affrontare per "riuscir a riveder le stelle" (parafrasando Dante), il pensiero va subito all'inquisizione e a Galileo. Una visione semplicista (e miope) l'implicito identificare il cattolicesimo come il nemico principale della conoscenza scientifica.
Più prosaicamente sono LA religione (in particolare quelle monoteiste ... ma non solo, come alcuni pogrom induisti insegnano) e l'ideologia i principali avversari del pensiero scientifico, che per definizione non accetta verità altre a quelle "scritte nel Libro". O meglio la religione e l'ideologia diventano nemiche della scienza nel momento in cui escono dall'ambito personale o di confronto dialettico e pretendono di imporre il pensiero unico ritenendosi le uniche depositarie della verità.
Numeri alla mano, a cavallo del 1600 e nella sola Germania luterana le persone processate per stregoneria furono 73 mila, di cui almeno 40 mila condannate al rogo (numeri ben superiori a tutta l'inquisizione spagnola cattolica). Una persecuzione che non risparmiò nemmeno Keplero che dovette difendere la madre settantenne dalle accuse lanciate (si badi bene) non dallo "stato" ma dai concittadini, che peraltro ignoravano il senso dei suoi scritti e che non conoscevano di persona essendo emigrato da anni.
Mendel era un frate ed è grazie ai suoi studi che nasce la genetica. Darwin non era certo un ateo ma è grazie alla sua libertà di pensiero (e all'essere vissuto in un epoca sì bigotta ma in cui la religione aveva perso il potere "esecutivo" e il pensiero illuminista si stava fondendo con il positivismo) che il concetto stesso di evoluzione si afferma e sostituisce il Lamarckismo; teoria quest'ultima che noi posteri non dovremmo disprezzare dato che l'epigenetica è di fatto una sorta di neo-lamarckismo che non si contrappone alla genetica classica ma la completa. Se solo Darwin e Mendel (contemporanei) avessero conosciuto le rispettive opere chissà che sintesi ne sarebbe venuta fuori! Come loro, molti sono stati gli studiosi di scienza che erano parte integrante della chiesa: il canonico Copernico; Padre Angelo Secchi, uno dei padri dell’astrofisica; don Georges Lemaitre, padre del Big Bang, don Lazzaro Spallanzani (fondamentale per la biologia moderna);  ... . La differenza la fanno quindi le leggi che la società sa imporre per prevenire aneliti teocratici o totalitari. Dimentichiamo troppo spesso quanto le libertà europee oggi date per scontate siano state conquistate dopo secoli di contrapposizione società/stato/religione.
Se fosse solo un problema religioso potremmo anche farcene una ragione. Ma i nemici delle scienze biologiche si annidano anche in ideologie ammantate di puro materialismo, come il comunismo. Sarà che quando le ideologie diventano "assolutiste" (alias non esiste altra verità all'infuori di essa) diventa difficile distinguerle dalla religione se non per l'assenza di un pantheon divino, prontamente sostituito dal culto della personalità come ben dimostrano i casi dei "laicissimi" Mao e Stalin.

Un fenomeno poco noto quello della lotta scienza-ideologia, ben esemplificato però dalla fine di Nikolaj Ivanovič Vavilov e dal caso delle mele selvatiche del Tien Shan, da lui identificate come le progenitrici delle mele oggi coltivate in tutto il mondo. L'accusa che portò alla sua condanna a morte, commutata in 20 anni di gulag siberiano (dove morì dopo soli tre anni), verteva sul reato di aver difeso la genetica classica mendeliana, considerata una "pseudoscienza borghese".
A leggerlo oggi fa effetto ma sappiamo bene che una tale accusa non stonerebbe in stati teocratici odierni.

Riassumiamo la vicenda.
Malus sieversii selvatica in Kazakhstan
La mela oggetto del contendere è la Malus sieversii, dal nome del suo scopritore, il tedesco Johann Augustus Carl Sievers. Nel suo ruolo di membro della Accademia imperiale russa delle scienze di San Pietroburgo  e noto l'interesse di Caterina II per la botanica, Sievers compì una serie di viaggi in Asia centro meridionale (attuali Kazakhstan, Uzbekistan, ...) dove si imbatté in mele selvatiche, piccole e dolci. Ben prima di essere "scoperta", la mela si era diffusa lungo la Via della Seta al seguito dei mercanti, fino ad arrivare ai centri delle civiltà mesopotamiche, egizie, cinesi, greche, romane e infine nelle americhe al seguito di Colombo.
Durante il suo lento diffondersi la Malus sieversii si sarebbe trasformata (ad opera della selezione operata dall'uomo) nelle varietà attuali, perdendosi la memoria dell'origine. Per riscoprirne la sua centralità filogenetica bisogna attendere il 1929 quando il genetista e agronomo russo Nikolaj Vavilov, dopo avere visitato le foreste di meli selvatici del Tien Shan (le Montagne Celesti del sud del Kazakhstan ... bellissime!) identifica tali mele come le progenitrici delle varietà attuali. Una affermazione oggi innocua ma che alle orecchie sovietiche suonò come una indebita ingerenza "borghese" (termine che comprendeva ogni studio non centrato sulle problematiche marxiste).
Una accusa non solo frutto di cecità ideologica ma che in realtà sottintendeva il dirigismo economico sovietico impegnato ad eliminare ogni coltura che non rientrasse nei piani quinquennali. E le mele selvatiche non rientravano in questi piani ma anzi, come vedremo poi, l'idea era di sostituirle in toto con le varianti "moderne". Una scelta quanto meno miope per il semplice fatto che tale ceppo primigenio era sopravvissuto sostanzialmente indenne per decine di milioni di anni. Una specie resistente, in grado di tollerare mutazioni climatiche letali per altri ceppi.
 Nota. Oggi si sa che il melo esisteva già nelle fasi finali dell'era dei dinosauri (circa 70 milioni di anni fa), per cui alla prova dei fatti capace di superare eventi come l'impatto meteorico che pose fine al loro dominio, e le più "recenti" glaciazioni.
Sostituire una specie antica con una meno rodata anche se apparentemente più produttiva appariva a Vavilov come una scelta molto rischiosa. Rischiosa non solo da un punto di vista ecologico ma anche per l'effetto che avrebbe potuto avere una annata di condizioni climatiche estreme sulla disponibilità di mele, fonte principale dell'alimentazione locale. Bisogna ricordare che Vavilov non era un teorico con poco senso pratico ma uno che aveva dedicato gran parte della vita di studioso (noto anche oltreoceano) a combattere la cronica penuria di cibo post-rivoluzionaria, ottimizzando le coltivazioni in modo "scientifico" in modo da massimizzare e ampliare la gamma delle coltivazioni locali (che l'attuazione dei "piani quinquennali" decisi a Mosca rendeva sempre più a rischio). Quanto le mele fossero importanti in quell'area lo si evince dal nome della (ex) capitale, Alma Ata, coniato a metà '800, che in Kazako vuol dire "padre delle mele".
Proprio in questo ambito avvenne lo scontro tra la scienza di Vavilov e l'ideologia, impersonata in Trofim Lysenko, direttore dell'Accademia di scienze agricole dell'URSS. Uno scontro tra la genetica mendeliana del primo e la "nuova biologia, proletaria che deve opporsi alle pseudoscienze borghesi" (sic!). Non bastasse questo atto d'accusa è lo stesso Lysenko a sostanziare l'accusa con parole incredibili in quanto dette da uno scienziato (ideologizzato): "l'URSS si fonda sul marxismo-leninismo e sul materialismo-dialettico e dato che esse non prevedono la genetica mendeliana, questa è da considerarsi una falsa scienza che va rimpiazzata con la vera biologia". Rileggetevi l'atto d'accusa. Un tono anche peggiore rispetto alle scomuniche religiose in quanto si nasconde dietro pretese di "vera scienza", ma che altro non sono che ideologia e come tale lontana dal pensiero scientifico.
Lysenko parla nel 1935 di fronte al Politburo
Una sfida che andrà oltre Vavilov (morto nel frattempo in Siberia) e il picco del periodo staliniano. Negli anni '50 Lysenko sarà il più accanito persecutore di Aymak Djangaliev (allievo di Vavilov) quando questi si opporrà al piano esecutivo di eradicazione dei meli selvatici. Un piano fatto approvare a Mosca da Lysenko con la giustificazione che "il melo selvatico è un errore della natura che andava corretto attraverso il lavoro dell'Uomo".
E' superfluo dire chi abbia avuto la peggio anche se, essendo in un epoca più "moderata" Djangaliev se la cavò con l'espulsione dal partito, la proibizione dei suoi libri, la revoca del dottorato e il rogo di gran parte dei suoi appunti, ... .
Ovviamente i risultati della "nuova biologia" non furono eccelsi. I vecchi meli, che pure erano sopravvissuti a 5 inverni di fila con picchi a -50 °C (alla faccia degli errori della natura), furono estirpati e i loro sostituti non superarono il primo inverno duro. Il Kazakhstan perse così il 70 per cento dei suoi meli ma Lysenko si dimostrò più resistente riuscendo a passare indenne anche al processo di destalinizzazione perseverando nelle sue idee fino agli anni '80.

Nel 2009 il biologo molecolare americano Barry Juniper dimostrò, grazie al sequenziamento del genoma del Malus Sieversii e alla comparazione con le altre specie di meli la correttezza della teoria di Vavilov. Il Malus Sieversii è veramente il progenitore della mela moderne.

Ricordiamocelo quando ascolteremo per l'ennesima volta le affermazioni di coloro che si professano "materialisti" mentre ragionano da religiosi. Un esempio su tutti? La crociata naturista anti-OGM "senza se e senza ma" che, guarda caso, vede tra gli adepti e profeti tutte le categorie sociali ad esclusione di chi abbia, non dico competenze nel campo, ma anche solo una cultura scientifica universitaria (vedi il CV e i trascorsi dei guru di tale movimento come Capanna e Petrini. Poca scienza e tanta ideologia).


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Nota. Vale la pena ricordare un caso analogo e dalle conseguenze catastrofiche, quello della coltivazione del cotone in URSS. A partire dagli anni '40 si cominciarono ad implementare piani quinquennali volti a fare diventare l'Unione Sovietica il principale esportatore mondiale di cotone. La zona scelta in cui sostituire le colture tradizionali con una monocoltura intensiva di cotone fu quella dell'Asia centrale circostante il lago d'Aral. Un progetto coerente con l'idea sovietica di organizzare ciascuna repubblica in modo che producesse una sola cosa (alimentare, metalli, legno, ...), con l'indubbio vantaggio di impedirne l'autosufficienza, ottimo antidoto a velleità indipendentiste. Per soddisfare l'elevata richiesta di acqua (tipica del cotone e ancora di più data l'estensione delle colture) furono dirottate gran parte delle acque che rifornivano il lago d'Aral attraverso canali mal progettati che fecero perdere fino al 70% dell'acqua convogliata.

Il risultato è stata la quasi totale scomparsa del lago in soli 30 anni, trasformato in una pianura salina piena di scorie tossiche (pesticidi e rifiuti militari) e non utilizzabile, come si sarebbe voluto, come acquitrino in cui coltivare il riso. Si perché la cancellazione del lago fu vista come opportunità per fare altro ... senza però saperlo fare. Oltre all'impatto ecologico pensiamo all'effetto della scomparsa della economia locale fondata sulla pesca di pesca).
La capacità obnubilante delle ideologie dimostra ancora una volta la sua forza ... .

Fonti
Sono debitore per l'idea di questo articolo a molte fonti. Su tutte 
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Se vi interessano altri esempi in cui abbiamo assistito allo scontro ragione/scienza vs. ideologia, vi suggerisco la lettura di articoli precedentemente apparsi in questo blog (clicca sul titolo per aprire la pagina)




Volete un valido "antidoto" all'imperante clima di pseudo-scienza che sembra imperare di questi tempi?  Allora vi consiglio "Il più grande spettacolo della terra" di Richard Dawkins; una lettura piacevole oltre che utile per chi si "ciba" di scienza


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