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I disturbi del sonno come predittori di malattie neurologiche

I ricercatori dell'università di Toronto ne sono convinti: i disturbi del sonno sommati ai movimenti del dormiente sono tra i migliori predittori nei soggetti altrimenti sani di malattie future come il Parkinson e l'Alzheimer.
credit: scientific american
"Il Rapid-eye-movement sleep behaviour disorder  (RBD) è un campanello d'allarme indicante un potenziale processo neurodegenerativo in atto che alla lunga può sfociare in una malattia conclamata" ha affermato John Peever, uno degli autori dell'articolo apparso su Trends in Neuroscience.
Non si tratta di numeri che lasciano molto spazio all'immaginazione, quelli forniti da Peever: "più dell'80% delle persone con RBD svilupperà una malattia del cervello".
L'acronimo RBD è già di suo indicativo di qualcosa di anomalo in atto. Sappiamo che durante la fase REM i sogni sono più vividi grazie ad una maggiore attività corticale. Sebbene uno possa sognare di correre, arrampicarsi o litigare, il corpo rimarrà ben fermo nel letto; una sorta di cintura di sicurezza del sonno REM, causata dalla paralisi della muscolatura scheletrica che previene situazioni potenzialmente pericolose sia per sé stessi che per chi dorme accanto. Tale paralisi associata ad piena attività corticale (simile a quella presente nel soggetto sveglio) spiega anche la sensazione di sforzo provata quando si sogna di correre, ben superiore a quella del correre "realmente".
RBD (© wikipedia; video completo QUI)
Non sempre però questo "freno a mano" funziona. O forse sarebbe meglio dire che quando questo freno non funziona la causa va ricercata in anomalie neurologiche ancora asintomatiche nella fase di veglia. Nei soggetti a rischio non compaiono semplicemente nuovi movimenti durante il sonno (diversi a seconda della fase del sonno) ma movimenti degli arti ben marcati, anche molto violenti (appunto perché completamente fuori dal controllo conscio); talmente incontrollati da causare non di rado lesioni al partner o a sé stessi.
Il motivo di questa perdita di tenuta del freno a mano è, secondo gli autori, da ricercare nel fatto che le aree del cervello che controllano il sonno sono le prime ad essere colpite in malattie come l'Alzheimer.

Se i dati verranno confermati, i medici avranno un ulteriore strumento per una diagnosi precoce di malattie ad elevato impatto sociale in una società che invecchia velocemente. E' vero che purtroppo non esistono ancora farmaci in grado di bloccare (e tanto meno di invertire il decorso) tali malattie neurologiche, ma esistono farmaci in grado di contenerne alcuni sintomi, tanto più efficaci quanto prima sono assunti. Se si considera che i sintomi di molte malattie neurodegenerative compaiono "tardivamente" (grazie all'enorme plasticità del cervello) quando più dell'80 % dei neuroni coinvolti sono morti, diviene ancora più evidente quanto sia importante identificare marcatori precoci della malattia.
Nota. Nel caso del Parkinson i sintomi motori divengono clinicamente evidenti quando almeno il 60 per cento dei neuroni dopaminergici nel nucleus accumbens sono morti e quando il contenuto di dopamina nello striato è calato del 80 per cento. La plasticità cerebrale è uno dei miracoli della biologia ma in questo caso è in grado di rallentare la comparsa di sintomi finché il danno diventa troppo esteso.
Vantaggio non secondario di una diagnosi precoce è che sarà possibile reclutare negli studi clinici per farmaci sperimentali solo soggetti ideali cioè le persone che, dato la limitatezza dei danni neuronali accumulati, sono maggiormente responsivi alla terapia. Del resto è evidente che sperare di bloccare, o addirittura invertire, la sintomatologia quando i danni sono estesi è una ipotesi al momento irrealizzabile. Fare i test su pazienti con alterazioni troppo ampie ha come ovvia e nefasta conseguenza quella di cestinare opportunità terapeutiche funzionanti se assunte precocemente. Il problema ad oggi è proprio quello di identificare i soggetti a rischio prima che il danno si manifesti.
Questo studio, se confermato, fornirà un aiuto su questo problema irrisolto.

Articolo successivo su Alzheimer (--> QUI) e sonno (--> QUI).

(potrebbe anche interessare --> "Linee guida sul sonno ottimale" e articoli sull'argomento "Alzheimer", "Neuroscienze" e "Sonno)

Fonte
- Breakdown in REM sleep circuitry underlies REM sleep behavior disorder
   John Peever et al, Trends in Neurosciences (2014), 37(5) p279–288

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